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giovedì 12 luglio 2012

In Calabria son ben 101 gli uffici postali a rischio chiusura


l piano di razionalizzazione proposto all'Agcom "taglia" piccoli presidi. E potrebbe colpire migliaia di cittadini. Ma l'ad Sarmi spiega: «Il report è una lista delle attività antieconomiche, non vogliamo cancellarle ma riconvertirle»


Mentre la Calabria istituzionale si raduna e cerca una strategia per difendere i suoi quattro Tribunali che rischiano di chiudere, si apre un nuovo fronte. Forse meno vistoso, ma comunque importante. Perché tocca i bisogni e le necessità primarie di piccoli Comuni, frazioni quasi dimenticate. E inciderà, se il piano di Poste italiane si tradurrà in fatti, sulle vite di migliaia di cittadini, soprattutto anziani. Lo racconta anche il sito Repubblica.it che a Cirella di Platì, nel cuore della Locride, c'è ancora l'usanza tra gli anziani di portare uova fresche all'ufficio delle Poste quando si va a ritirare la pensione. Una specie di regalo a quello che, per molti, è un presidio dello Stato. Un segno importante. Eppure quel presidio, nei possimi mesi rischia di chiudere. E con esso più di mille uffici postali sparsi in tutta Italia.
Lo prevede il piano di riorganizzazione che Poste Italiane ha inviato all'Agcom, allegando la lista delle strutture "anti-economiche". Si tratta di 1156 sportelli da chiudere, altri 638 da razionalizzare riducendo l'orario e i giorni d'apertura.
Un bel guaio a Platì come in molti altri Comuni calabresi. Da Cirella il posto più vicino è l'ufficio di Platì, a mezz'ora di curve. E pure quello è nella lista delle razionalizzazioni, quindi aprirà solo per pochi giorni alla settimana e a orario ridotto. E così accadrà  Da Poste italiane fanno sapere che le ipotesi sono sulla carta. E rimarranno tali.

«Non li vogliamo chiudere – chiarisce Massimo Sarmi, amministratore delegato di Poste Italiane a Repubblica.it –. Quel report è una lista che siamo obbligati a inviare ogni anno all'autorità di riferimento, cioè all'Agcom. Però sono sportelli effettivamente sotto i parametri di economicità, quindi per non tagliarli stiamo raggiungendo accordi con gli enti locali per trasformarli in centri multiservizi». Insomma, dovranno riciclarsi. «Per esempio offrire al comune di occuparsi della cartografia digitale – spiega Sarmi – per un piccolo ente costerebbe circa 5 mila euro. Oppure aprire al cittadino una serie di servizi a pagamento, come il rilascio di certificati anagrafici o la possibilità di saldare il ticket sanitario».
L'Anci, l'Associazione nazionale dei comuni italiani, ha ribadito la necessità che ogni chiusura o razionalizzazione avvenga "in collaborazione con gli enti interessati", e non unilateralmente. I sindacati del settore, Slp-Cisl e Slc-Cgil, promettono battaglia, anche perché sul tavolo della trattativa ci si sono anche 1763 esuberi nel settore "Recapito" («ma nessuno sarà licenziato», rassicura Sarmi). Accetteranno eventuali chiusure solo per situazioni di improduttività estrema, come nel caso dell'ufficio postale di Capo Spartivento in Calabria. Aperto solo tre giorni al mese.

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