Nel 2011 l'11,1% delle famiglie è relativamente povero (per un totale di
8.173mila persone) e il 5,2% lo è in termini assoluti (3.415 mila). La
soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a
1.011,03 euro. Lo rileva l'Istat nel rapporto sulla povertà in Italia.
La sostanziale stabilità della povertà relativa rispetto all'anno
precedente deriva dal peggioramento del fenomeno per le famiglie in cui
non vi sono redditi da lavoro o vi sono operai, compensato dalla
diminuzione della povertà tra le famiglie di dirigenti/impiegati. Segnali
di peggioramento si osservano, tuttavia, tra le famiglie senza occupati
né ritirati dal lavoro, famiglie cioè senza alcun reddito proveniente
da attività lavorative presenti o pregresse, per le quali l'incidenza
della povertà, pari al 40,2% nel 2010, sale al 50,7% nel 2011. I tre
quarti di queste famiglie risiedono nel Mezzogiorno, dove la relativa
incidenza passa dal 44,7% al 60,7%. Un aumento della povertà si osserva
anche per le famiglie con tutti i componenti ritirati dal lavoro
(dall'8,3% al 9,6%), che, in oltre il 90% dei casi, sono anziani soli e
coppie di anziani; un leggero miglioramento, tra le famiglie in cui vi
sono esclusivamente redditi da pensione, si osserva solo laddove la
pensione percepita riesce ancora a sostenere il peso economico dei
componenti che non lavorano, tanto da non indurli a cercare lavoro (dal
17,1% al 13,5%). Una dinamica negativa si osserva anche tra le
famiglie con un figlio minore, in particolare coppie con un figlio (a
seguito della diminuzione di quelle in cui entrambi i coniugi sono
occupati e dell'aumento di quelle con uno solo e con nessun occupato),
dove l'incidenza di povertà relativa dall'11,6% sale al 13,5%; la
dinamica è particolarmente evidente nel Centro, dove l'incidenza tra le
coppie con un figlio passa dal 4,6% al 7,3%. A Sud povera una famiglia su quattro.
Quasi una famiglia su quattro pari al 23,3% risultata povera al Sud nel
2011. Tra queste l'8% è stata colpita da povertà assoluta vale a dire
con un tenore di vita che non permette di conseguire uno standard di
vita minimamente accettabile. L'istituto nazionale di statistica
evidenzia inoltre come a fronte della stabilità della povertà relativa
al Nord e al Centro, nel Mezzogiorno si osserva un aumento
dell'intensità della povertà relativa: dal 21,5% al 22,3%. In questa
ripartizione la spesa media equivalente delle famiglie povere si attesta
a 785,94 euro (contro gli 827,43 e 808,72 euro del Nord e del Centro.
Ad eccezione dell'Abruzzo, dove il valore dell'incidenza di povertà non è
statisticamente diverso dalla media nazionale, in tutte le altre
regioni del Mezzogiorno la povertà è più diffusa rispetto al resto del
Paese. Le situazioni più gravi si osservano tra le famiglie residenti in
Sicilia (27,3%) e Calabria (26,2%), dove sono povere oltre un quarto
delle famiglie. Il 7,6% delle famiglie appena sopra la soglia.
Il 7,6% delle famiglie italiane è appena sopra la soglia della povertà.
Una spesa imprevista potrebbe portarle a diventare povere. Anche tra le
famiglie non povere - spiega l'Istat - esistono gruppi a rischio di
povertà; si tratta delle famiglie con spesa per consumi equivalente
superiore, ma molto prossima, alla linea di povertà: il 3,7% delle
famiglie residenti presenta valori di spesa superiori alla linea di
povertà di non oltre il 10%, quota che sale al 6,5% nel Mezzogiorno. Le
famiglie 'sicuramente' non povere, infine, sono l'81,4% del totale, con
valori pari al 90,5% del Nord, all'87,5% del Centro e al 63,8% del
Mezzogiorno.
Esaminando i gruppi di famiglie sotto la soglia di
povertà standard, risultano 'sicuramente' povere, cioè quelle che hanno
livelli di spesa mensile equivalente inferiori alla linea standard di
oltre il 20%, circa 1 milione 272mila famiglie, il 5,1% del totale delle
famiglie residenti. Il 6% delle famiglie residenti in Italia risulta
'appena' povero (ha una spesa inferiore alla linea di non oltre il 20%) e
tra queste più della metà (cioè il 3,3% del totale delle famiglie)
presenta livelli di spesa per consumi molto prossimi alla linea di
povertà (inferiori di non oltre il 10%). Un "decreto anti-povertà, teso a salvare le famiglie riducendo il tasso
di povertà, nella consapevolezza che per un paese civile contare 8
milioni di poveri è una vergogna e una infamia". A chiederlo al governo
Monti è Carlo Rienzi, presidente del Codacons, secondo cui i dati
diffusi oggi dall'Istat sono "estremamente preoccupanti" e "dimostrano
come lo stato di povertà in cui versano ben 8 milioni di persone sia un
vero e proprio 'allarme sociale'". "Oltre ai poveri 'ufficiali' e a chi
sta poco sopra la soglia di povertà - denuncia Rienzi - ad aggravare la
situazione del nostro paese è l'enorme numero di famiglie che presentano
difficoltà nell'arrivare alla fine del mese, pari al 40% del totale".
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