Negli ultimi 9 anni ha lavorato solamente per 6 giorni, con lunghi periodi di malattie ed assenze per maternità di fatto mai avute.
Al lavoro si era presentata 2 giorni nel 2002 e 4 giorni nel 2004, 6 in tutto. Dopodiché, dal 2001 al 2010, era rimasta a casa per presunte malattie professionali e per gravidanze che solo una volta hanno portato a una nascita effettiva, una bambina che oggi frequenta le scuole elementari. Le altre, invece, si erano concluse con due parti in Spagna mai avvenuti e un aborto sulla cui effettività però ci sono diversi dubbi. Per queste ragioni i carabinieri del Nas di Bologna, dal capitano Sabato Simonetti, hanno posto agli arresti domiciliari una dipendente dell’Azienda ospedaliera Sant’Orsola Malpighi di Bologna.
La donna, S.S., nata 44 anni a Bologna, è indagata per truffa aggravata ai danni di enti pubblici (oltre all’ospedale, anche Inps e Agenzia delle Entrate) e falso ideologico in documentazione pubblica. La misura, emessa dal gip di Bologna, Alberto Gamberini su richiesta del pubblico ministero Claudio Santangelo, deriva dalle indagini del Nas di Bologna a carico di un’operatrice tecnica (con funzione di supporto assistenziale dell’ospedale) poiché negli ultimi 9 anni aveva prestato servizio solamente per 6 giorni con lunghi periodi di malattie e assenze per maternità.
L’inchiesta è partita da una segnalazione del policlinico Sant’Orsola risalente alla metà del 2010. L’operatrice sanitaria, infatti, oltre ad essere risultata assente per continuati e prolungati periodi di malattia, sui quali sono in corso ulteriori indagini al fine di accertarne la veridicità delle condizioni, si era assentata per due presunte gravidanze, dapprima per complicanze della gestazione e poi per maternità obbligatoria, di fatto non vere o comunque non portate a termine.
In realtà la signora avrebbe sfruttato le “falle del sistema” per ottenere all’inizio da medici del consultorio familiare di Corticella e dell’Ospedale Maggiore di Bologna i certificati di maternità a rischio. Ogni volta (è accaduto a cavallo tra il 2003 e il 2004, nel 2006 per il presunto aborto spontaneo e ancora nel 2008) le venivano richiesti approfondimenti sanitari mai effettuati con le scuse più disparate. A volte diceva di essersi trasferita, altre che era in cura presso altre strutture e di nuovo tornava a farsi seguire dalle strutture originarie disertate anche per anni.
Inoltre, al di là dei certificati che attestavano gravidanze e parti di cui i militari non hanno rinvenuto traccia, esauriti i periodi di assenza per maternità presentava altri certificati che le consentissero di ulteriori di riposo in base a una dermatite provocata dall’ambiente di lavoro, dove si sarebbero usati detergenti a cui sarebbe stata allergica. Il tutto con emicranie frequenti. Nel frattempo si presentava all’Inps per poter usufruire dei permessi legati alla nascita di figli mai nati (“Figli mai nati” è anche il nome dell’operazione dei Nas) e all’Agenzia delle Entrate per ottenere gli sgravi fiscali sul reddito e sul nucleo familiare. Ognuna di queste attività ha dunque contribuito a trarre in errore anche la direzione del policlinico e la direzione provinciale del lavoro.
Dunque il tutto sarebbe frutto di un abile raggiro della donna, che dice di essere una psicologa (tale si è dichiarata anche ai carabinieri) e, per quanto le indagini siano ancora in corso, al momento si esclude il coinvolgimento di altri operatori compiacenti. L’unica indagata rimane infatti la donna bolognese, che in base agli accertamenti ha provocato un danno erariale, al momento, quantificato in 33.117 euro. Assunta al Sant’Orsola a metà degli anni Novanta, fino al 2001, con la nascita della figlia “esistente”, non aveva mai dato alcun problema. Qualche assenza l’aveva fatta, ma niente che fosse fuori dalla norma.
Il policlinico, ad accorgersi che qualcosa fuori dalla norma c’era però, ci ha messo 9 anni, nel 2010, quando la donna ha ricevuto anche una lettera di licenziamento per aver superato il limite di assenze in un quinquennio imposto dalla legge. Impugnato dalla dipendente, il provvedimento avrebbe così portato a una controversia ancora aperta. Una controversia che, alla luce delle indagini dei carabinieri, sembra a questo punto destinato a concludersi con il licenziamento definitivo.